Lâ via

Un’associazione locale che si prende cura di una valle in abbandono, sperimentando nel selvatico nuove pratiche ambientali, sociali, culturali.
Un’installazione minima, attorno all’idea di mescolare memorie di chi è andato via, pensieri di chi abita oggi, e scenari di chiunque riesca ad immaginare un futuro per queste terre.

L’ idea
Il committente è un gruppo di professionisti e abitanti locali che lavora alla rigenerazione di un angolo remoto e dimenticato delle Dolomiti Friulane. Il collettivo conduce iniziative comunitarie e pratiche sperimentali di ricerca artistica, progettuale, e scientifica con l’obiettivo di sostenere una rinascita in termini culturali, naturalistici, e insediativi del territorio.
Alla base del progetto c’è la volontà di raccogliere storie altrimenti destinate all’oblio e di gettare uno sguardo sui futuri possibili della valle; creando un archivio che sia fruibile solo in uno specifico luogo della valle.
Un’opera collettiva
Il percorso partecipato ha coinvolto chi vive attualmente in valle, emigrati in pianura, e loro discendenti. I partecipanti ai laboratori creativi hanno raccontato le proprie storie legate al territorio, prodotto alcuni scenari futuri sulla valle, e contribuito con idee su forme, simboli, e luoghi per aiutare a definire meglio il concetto di archivio e il suo posizionamento.



TERRITORIO
Val Silisia
Una laterale del fiume Meduna, nelle Dolomiti Friulane – Patrimonio Mondiale UNESCO.
Disabitata per milleni, la valle è stata colonizzata nel XVI sec. da chi non sottostava alle regole di pascolo in val Meduna. I pionieri hanno incendiato vaste porzioni di bosco per le proprie greggi e costruito stavoli che con il tempo sono cresciuti in piccoli agglomerati. Col tempo, sotto le richieste della Repubblica di Venezia, anche il legno si è trasformato in risorsa; con conseguente ulteriore disboscamento.



Minimi proventi, miglioramento delle condizioni di vita, e relativo aumento della popolazione hanno portato ad un progressivo impoverimento del capitale naturale. Ciò ha reso la valle difficile da abitare, costringendo molti ad emigrare già ad inizio Ottocento. Nel 1963 un bacino idroelettrico ha sommerso gran parte della valle, completando la diaspora.
Oggi il selvatico ha riconquistato tutti i pendii ed intere borgate. Aquile reali, linci, e fiori di Daphne Blagayana (pianta unica in Italia, presente solo in questa valle) convivono con una decina di persone.
Tracce del passato e spunti avveniristici di una montagna ricca di acque e disseminata di rovine, di una comunità che è figlia di arrivi da fuori e ava di partenze per mondi lontani. Monito sull’estrattivismo incontrollato e modello di uno sviluppo alternativo attraverso la contemplazione, la cura, e la creatività. Tempi, luoghi, gente in sospeso.
Condotti dai conoscitori della valle, abbiamo scelto uno spazio facilmente accessibile seppur nascosto, uno sguardo su successioni secondarie, prati sfalciati, rovine, e abitazioni vissute; sovrapponendo stralci di racconti, affidandoli a voci sintetiche. Per rendere il sempre mutevole equilibrio del vivere.
L’installazione è costruita con materiali recuperati in loco, fra vecchie costruzioni avvolte dal bosco: pietre di rovine e lastre metalliche abbandonate. Un codice a barre bidimensionale, posto sulla seduta realizzata sul belvedere, permette di accedere all’archivio ed ascoltare i brevi racconti dai propri dispositivi.




Tocca le corde giuste?